Sede operativa:
via P.S. Mattarella – Contrada Sasi
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e-mail: laforzaonlus@gmail.com / laforzaonlus@pec.it
E’ una Comunità Terapeutica tesa al trattamento riabilitativo, finalizzata al reinserimento sociale di soggetti dediti all’abuso di sostanze psicotrope o di alcool. La Comunità assiste i Soggetti nell’intero percorso in modo residenziale H24. I tempi dell’intervento residenziale vanno di norma dai 12 a i 18 mesi ma variano soprattutto in base alle problematiche che presenta l’utente.
Nella Comunità sono ospitati utenti di sesso maschile dai 18 ai 60 anni provenienti da:
- Ser. T.
- Famiglie originarie
- Carceri
Il nostro programma si realizza secondo un modello multidisciplinare integrato che comprende prestazioni di tipo sanitario, pedagogiche–educative, psicologiche e psicoterapeutiche, nell’ambito di un contesto comunitario inserito in una più ampia rete sociale e di servizi, in cui le persone lavorano insieme nell’aiuto reciproco.
La funzione dell’equipe multidisciplinare operante nel servizio, è quella di fornire supporto e accompagnamento, oltre che favorire la creazione delle condizioni di contesto funzionali al processo di cambiamento, il quale sottende una più adeguata conoscenza del sé e della realtà circostante, nonché la rielaborazione di valori e stili di vita che hanno favorito l’innescarsi ed alimentato la storia di tossicodipendenza.
Durante il periodo riabilitativo l’utente lavora, mediante gruppi, sui suoi problemi e sulle dinamiche che lo hanno condotto a far uso di stupefacenti, anche con il coinvolgimento della famiglia d’origine e/o acquisita.
Il costante contatto con persone che condividono il medesimo problema aiuta l’utente ad aprirsi al confronto ed a comunicare la propria esperienza.
Per intraprendere il programma offerta dalla comunità “LA FORZA” è Necessario effettuare una fase di prima Accoglienza che si svolgerà in maniera diversa a seconda della provenienza dell’utente. Il servizio inviante dovrà fornire tutta la documentazione contenente le informazioni possibili sulla situazione psicologica, familiare, giuridica dell’utente.
Verranno, poi, effettuati colloqui motivazionali , di orientamento e verrà riconosciuta l’idoneità dell’utente ad essere ospitato presso la struttura.
Durante i colloqui iniziali ed in itinere verranno prese in considerazione le condizioni psicopatologiche e il livello di gravità e dipendenza da sostanze dell’utente, così da stilare un programma personalizzato e mirato alla riabilitazione della persona.
I primi mesi di permanenza in comunità vengono destinati alla familiarizzazione dell’utente con le regole di vita e del funzionamento della comunità. Trattasi di un periodo di osservazione, di presa di coscienza e di valutazione. In questa fase il contatto con la realtà esterna è fortemente limitata al fine, sia di interrompere le “abitudini” legate all’abuso di sostanze, sia di aiutare l’ospite a “fermarsi” e cominciare a maturare delle riflessioni personali e quindi di prendere contatto con il proprio mondo interno.
Per le motivazioni appena elencate non si effettuano visite all’interno della comunità di familiari o altre persone, ad eccezione di incontri e visite del personale dei servizi invianti: non si effettuano verifiche o visite esterne: non si ricevono o effettuano telefonate (tranne eventi eccezionali stabiliti di volta in volta dall’equipe); si può ricevere ed inviare posta in accordo con lo psicologo di riferimento.
Trattamento
In questa seconda fase, il tempo e la vita nella comunità’ assumono un loro senso in uno spazio comunitario strutturante e rassicurante, in cui, l’utente inizia a muoversi più autonomamente sperimentando prove di responsabilità e migliorare la propria capacità di reagire allo stress e alle frustrazioni in modo consapevole.
I contatti con l’esterno vengono intensificati, sia intesi come scambi telefonici che epistolari. In questa fase avviene la prima visita della famiglia che avrà un colloquio con lo psicologo e/o psicoterapeuta che se segue la persona. Questi incontri, positivi sia all’utente che alla famiglia stessa, si pongono l’obiettivo di aiutare i membri della famiglia a rompere il circolo vizioso relativo ai contenuti di isolamento, vergogna , angoscia e senso di colpa.
Reinserimento socio-lavorativo
L’idea del reinserimento nasce dalla necessità di rendere la struttura comunitaria vero e proprio sistema aperto alla società. Un programma terapeutico non può infatti considerarsi svolto con successo se il soggetto non è tornato a vivere nel più ampio contesto sociale.
Scopo del Programma è quello di accompagnare l’ospite durante la fase decisiva del suo reinserimento all’esterno della struttura, fino al raggiungimento di una definitiva autonomia personale dalla comunità stessa. In questa fase, l’utente oltre ad essere investito da maggiore responsabilizzazione, ottiene l’autonomia operativa ed organizzativa delle mansioni.
In questa fase si inizia a programmare ed attuare il futuro reinserimento socio- lavorativo dell’utente anche tramite la partecipazione a corsi di formazione lavoro o favorendo la scolarizzazione.
Esso ha termine con il reinserimento dell’ospite nella famiglia e nel contesto d’origine oppure con la sua collocazione in un contesto di vita più autonomo e diverso da quello esistente al momento dell’ingresso.
Il percorso di reinserimento si valuta gradualmente durante le fasi precedenti in base alla situazione psicologica, familiare e sociale dell’utente stesso e si concorda sulla base delle sue richieste ed esigenze personali, in accordo con l’equipe terapeutica, la famiglia e il personale dei servizi invianti.
Il ragazzo in fase di reinserimento deve mettere a frutto tutto ciò che ha imparato, presso la Comunità.
Egli sa che l’esperienza condivisa con persone simili a lui, in una comprensione ed un affetto reciproci, e l’essersi identificato in punti di riferimento verso i quali ha potuto manifestare le proprie migliori emozioni (e non solo le peggiori) lo hanno aiutato ad esprimere le sue qualità e potenzialità, a favorire un atteggiamento empatico, invertendo la sua passata e spesso sociopatica mancanza di interesse sociale, ma anche dandogli la possibilità di assumere un ruolo significativo nel controllo e nella progettazione del proprio futuro.
Terminato il percorso terapeutico, la Comunità porrà in essere l’attività di follow-up con cadenza periodica attraverso gruppi e colloqui, settimanali prima, quindicinali poi; verranno anche effettuati incontri periodici di verifica con i familiari. Trascorso un periodo di circa sei mesi, la Comunità valuterà se il soggetto abbia realmente acquisito la sua autonomia e abbia raggiunto la capacità di provvedere da sé al proprio benessere psico-fisico.
Prevenzione delle recidive
Uno degli obiettivi primari del nostro trattamento dei soggetti con dipendenze patologiche oltre alla riabilitazione e il reinserimento sociale è la prevenzione delle recidive, attraverso un intervento bidirezionale che riguarda tanto il vissuto psicologico dei nostri ospiti, quanto il loro distacco oggettivo dalle sostanze psicoattive. Dietro storie di tossicodipendenze, molte volte sono presenti esperienze piene di disastri affettivi ed episodi carichi di fallimenti personali che rendono questi soggetti incapaci di prendersi cura di sé stessi, poiché il loro agito sostituisce quasi sempre la riflessione. Dunque c’è un atto compulsivo edonista che si sostituisce quasi del tutto ad ogni processo razionale o pianificazione a lungo termine, per il fatto che ogni piccola riflessione può attivare un vortice di effetti emotivamente intensi, che tendenzialmente il soggetto dipendente da sostanza tende ad evitare. Pertanto ogni azione diventa mirata a ripetere un atto in maniera quasi automatica e anestetizzata, cioè un comportamento senza più scopi e domande, fine a sé stesso, come intrappolato in un copione che si ripete nel tempo, perché si vive nell’impossibilità di valutare alternative valide.
Il Modello psicoterapeutico REBT (terapia razionale emotiva), parte dal voler addestrare e motivare il paziente a riconoscere i vecchi schemi e modelli di pensiero e comportamento, disapprenderne regole, luoghi comuni, stereotipi della devianza, per sostituirli con altri più utili e funzionali alla propria autorealizzazione.
ANALISI FUNZIONALE
Consiste nell’identificazione degli antecedenti al comportamento problematico, che si presume abbiano sviluppato e strutturato la dipendenza. Tale analisi è utile soprattutto ad individuare le cause che hanno strutturato la dipendenza, per il fine ultimo di prevenire ricadute. Ne deriva che le probabilità che si verifichi un determinato comportamento “maladattivo” dipende dalle effettive capacità di risposta del soggetto, dalla natura della situazione-stimolo e dagli effetti che tali risposte producono nell’ambiente.
PSICOEDUCAZIONE
L’educazione alla progettazione del proprio spazio e del proprio tempo migliora le abilità di individuazione degli scopi, la responsabilizzazione e la valorizzazione delle risorse del cliente. Verrà presa a riferimento la psicologia della salute intesa come partecipazione attiva del cliente alla propria cura, igiene personale, nutrizione e tempo libero, a cominciare dalla riappropriazione del senso di responsabilità.
A livello di abilità sociali verranno individuate tre aree fondamentali, quella espressiva, la componente ricettiva e l’equilibrio interattivo. In base alle proprie predisposizioni naturali verranno attivati laboratori di lavoro, culturali e ludici, utili a favorire la riacquisizione di autonomia e ritmi di vita regolari.
TECNICHE DI RILASSAMENTO E MEDITAZIONE
Attraverso esercizi di rilassamento muscolare diverrà possibile sciogliere tensioni, migliorare il rendimento in tutte le attività, eliminare i disturbi vegetativi e una gran varietà di disfunzioni psichiche e comportamentali. Le tecniche di rilassamento non saranno intese come interventi fini a loro stesse, ma orientate a modificare le situazioni ambientali problematiche attraverso un migliore livello di autoefficacia raggiunta. Favorire il dialogo tra soma e psiche, come già intuito dai greci 2500 anni fa, aiuta a
promuovere la tranquillità d’animo e l’armonia a fiducioso abbandono alla vita. Avvalendoci di metodi veloci per far apprendere le nozioni delle più famose tecniche al rilassamento progressivo, come principi metodologici della DS (desensibilizzazione sistematica), del rilassamento progressivo di Jacobson e di tecniche tipicamente meditative quali Mindfullness, il cliente sarà allenato a percepire la propria tensione muscolare e la conseguente tensione mentale, al fine di poter gestire al meglio gli eventi ansiogeni definiti perlopiù come “stress da astinenza”.
RISTRUTTURAZIONE COGNITIVA E/O REBT (TERAPIA RAZIONALE EMOTIVA)
La R.C. è particolarmente indicata per i clienti che possiedono o raggiungono una buona capacità di introspezione e riflessione sui loro pensieri e sulle loro fantasie, poiché attraverso essa diventa ancora più semplice divenire consapevoli dei propri processi cognitivi e riconoscere i propri pensieri disfunzionali. È a breve termine e nonostante mira ad instaurare un buon rapporto con il terapeuta, nello stesso tempo ne promuove l’indipendenza. L’analisi dei significati che il cliente associa alle sostanze (identificazione delle dissonanze cognitive), sarà determinante al fine di educarlo ad individuare gli eventi salienti della giornata e riconsiderare i pensieri che esso ha costruito sopra. In questa maniera diventa repentina la presa di coscienza di tipiche modalità di pensiero (anche grazie l’ausilio del diario dei pensieri), che causano infelicità ed angoscia, così da sentire naturalmente il bisogno di sostituirli con altri alternativi e più funzionali.
La REBT (Terapia Razionale Emotiva) parte dal voler addestrare e motivare il cliente dotato di minore analisi introspettiva e presa di coscienza del problema, a riconoscere i vecchi schemi e modelli di pensiero e comportamento, disapprenderne regole, luoghi comuni, stereotipi della devianza, per sostituirli, insieme al terapeuta, con altri più utili e funzionali alla propria autorealizzazione.
L’assunto fondamentale della REBT sostiene che il nostro modo di reagire emotivamente ed il nostro comportamento sono in gran parte influenzati dalla nostra visione della realtà, cioè da come percepiamo, interpretiamo e valutiamo ciò che ci accade.
La prassi terapeutica della REBT è quindi congruente con un modo di concepire la psicoterapia “un processo di apprendimento attraverso cui una persona acquista l’abilità di parlare a se stessa in modo costruttivo, così da riuscire a controllare la propria condotta”. la REBT insiste nel prescrivere rigorosi esercizi comportamentali e nel desensibilizzare e decondizionare il comportamento sia durante la seduta di psicoterapia che durante la vita quotidiana. L’essenza della REBT è riassunta nel modello A-B-C-D-E, attraverso cui viene descritto sia il processo che porta a reazioni disfunzionali che il modo per porre rimedio a ciò:
A – Evento Attivante
B – Sistema di convinzioni
iB – Convinzioni irrazionali
rB – Convinzioni razionali
C – Conseguenze emotive e comportamentali
D – Messa in discussione di iB
E – Effetti della messa in discussione
E – Effetti della messa in discussione
aE – Effetto sulle emozioni
bE – Effetto sul comportamento
cE – Effetto sulle convinzioni
Gli effetti finali di questo processo psicoterapeutico sono dei cambiamenti a livello cognitivo, emotivo e comportamentale. I cambiamenti a livello cognitivo si concretizzeranno in nuove convinzioni, nuovi modi di pensare, che tenderanno a generalizzarsi ad altre situazioni. I cambiamenti emotivi potrebbero includere un miglioramento dell’umore, una diminuzione dell’ansia, una riduzione della collera. I cambiamenti comportamentali porteranno probabilmente ad una mobilitazione della propria energia e delle proprie risorse verso il raggiungimento di quegli scopi il cui conseguimento prima era ostacolato dall’eccessiva reattività emotiva.
PROBLEM SOLVING
Il training al P.S. è efficace nel trattamento di qualsiasi disturbo nel quale un individuo stia sperimentando molteplici problemi e stress quotidiani e non sia in grado di fronteggiarli efficacemente. È un processo che rende disponibile una vasta gamma di alternative per affrontare un problema e può essere diviso in 4 fasi principali:
1) definizione e formulazione del problema in cui vanno ricercati gli elementi importanti e le informazioni relative al problema, descrivendo questi elementi, differenziando poi gli elementi oggettivi da inferenze, assunzioni e interpretazioni non verificabili, chiarire la natura del problema, identificare i fattori e le circostanze che rendono la situazione un problema, fissare obiettivi realistici);
2) generazione di soluzioni alternative e cioè mettere a disposizioni quante più possibili soluzioni diverse attraverso un brainstorming;
3) decisionmaking, cioè scegliere l’alternativa migliore da utilizzare nella situazione problematica;
4) implementazione della soluzione e verifica, ossia esecuzione del programma, automonitoraggio delle conseguenze, autovalutazione valido come confronto tra aspettative e risultati, autorinforzo se il problema è stato risolto, altrimenti ricerca dell’errore e ritorno alle fasi precedenti se il problema rimane.
TRAINING DI ASSERTIVITA’
Si riferisce alla capacità di affermare il proprio comportamento nei confronti delle altre persone, tuttavia non al fine di prevalere, ma di vedere riconosciuti i propri diritti. I clienti verranno addestrati tramite cineforum, simulazioni o roleplaying e poi dal vivo a riconoscere le emozioni e il linguaggio non verbale e ad affrontare situazioni che generalmente non riescono a superare o che sono causa di forte disagio. Di fatto, l’evitamento di un problema non fa altro che rinforzare la convinzione di non riuscire ad essere all’altezza di una situazione, influendo per lo più sull’autostima individuale.
ESERCIZI DI CONTROLLO DEGLI IMPULSI
La compulsività nella ricerca e nell’assunzione di sostanze, rappresenta uno dei principali problemi del trattamento, pertanto l’utente è abituato a sperimentare una sensazione di impotenza di fronte al richiamo della sostanza, rendendo sempre più difficile individuare una via d’uscita.
Pertanto verranno ricostruite, insieme all’utente, il maggior numero di situazioni che attivano una spinta effettiva verso la sostanza, analizzando e scomponendone i meccanismi e ridefinendone anche i significati cognitivamente. La persona dovrà quindi esercitarsi ad identificare l’impulso o gli elementi attivatori, prima che si realizzino, cercando valide alternative vantaggiose.
Al tal fine possono essere utilizzate tecniche operanti che aumentano le probabilità di emissione di un comportamento funzionale:
– Rinforzamento;
– Shaping (apprendere abilità completamente nuove);
– Relapse prevention therapy (gestione delle ricadute, elaborazione del senso di colpa e sostituzione della gratificazione data dalla sostanza).
FIXED ROLE THERAPY
Consiste nel far scrivere ai pazienti delle scenette su se stessi come fossero personaggi di una commedia, dal punto di vista di qualcuno che li conosce intimamente. Compito del terapeuta sarà quello di rielaborare i contenuti della scenetta del paziente, introducendo nuove dimensioni di costrutti che strutturano forme diverse di interazioni con gli altri e farglieli poi sperimentare, permettendo alla nuova identità di entrare in azione sperimentando in via fittizia nuovi comportamenti e nuove costruzioni.
ATTIVITA’ DI GRUPPO
Il processo di base sarà l’attacco di gruppo all’autoinganno che caratterizza la “condotta tipica” dei soggetti dipendenti da sostanze.
Si discuterà liberamente delle difficoltà di ognuno, che vertono generalmente su identità, amicizie e futuro. Il comportamento verbale ed emotivo dei partecipanti, verrà messo in relazione con quello dei clienti che si troveranno in una fase più avanzata del trattamento, detti helper.
Attraverso lo scambio di ruolo tutti i clienti poi, acquisiranno nuove prospettive sulle relazioni umane, divenendo via via più capaci di valutare i propri e gli altrui comportamenti in modo realistico.
In alcuni casi potrà anche essere utilizzata la videoregistrazione così poi da analizzare insieme le dinamiche non verbali all’interno del gruppo come: contatto visivo, volume della voce, tono, posizione del capo, gesti, espressione del viso, tempi ecc…
AUTOMONITORAGGIO
L’utente diverrà il terapeuta di sé stesso, prevenendo eventuali recidive. Verranno messe in pratica svariate procedure mirate a fornire abilità gestionali, attraverso un “dialogo interno consapevole”; l’utente avrà la possibilità di auto-correggersi ed adattarsi alle situazioni, modificando convinzioni disfunzionali, abitudini personali e stili di vita malsane. L’utente verrà addestrato a riconoscere le situazioni ad alto rischio di ricaduta, come determinate situazioni stimolo esterne, gli stati emotivi negativi e gli stati emotivi positivi “condizionanti”, adottando pertanto strategie efficaci di evitamento e di fronteggiamento del problema.